ALL BLACK | Mostra fotografica di Francesco Allegretti
Key Gallery e Quadruslight presentano:
ALL BLACK
Mostra fotografica di Francesco Allegretti
Curata da Giacomo Nicolella Maschietti
Dal 27 aprile 2023
Key Gallery, via Pietro Borsieri 12 Milano
Ā, upane, ka upane, whiti te ra!
Sbatti i piedi più forte che puoi
È la morte, È la morte! È la vita, è la vita!
Sono le parole della celebre Haka degli All Blacks, la fortissima squadra di rugby della Nuova Zelanda che, prima di ogni partita, porta sul campo la tradizione della cultura Maori. Il mio caro amico Martin Castrogiovanni (storico pilone della nazionale di rugby italiana nei primi 2000) mi racconta sempre quanto odiasse sentirla e soprattutto vedersela davanti prima di dover giocare ogni volta contro di loro nel torneo delle sei nazioni, perché incuteva timore bestiale e in qualche modo era come partire subito in svantaggio. È una danza divenuta fin troppo popolare in tutto il globo e che, pur banalizzata e fraintesa, testimonia una relazione profondissima tra il popolo e la sua terra.
Lo studio e la casa di Francesco Allegretti si trovano in Isola, a Milano. Un quartiere che soltanto una trentina d’anni fa era una zona buona per i borseggiatori, mentre oggi è assurto a località à la page, testimonianza di una violenta gentrificazione che piaccia o meno sta cambiando il volto alle nostre città. A due passi dal suo civico c’è un negozio che vende vinili e dischi rari, si chiama Volume ed è gestito dal chitarrista di una storica band milanese, i Fine Before You Came.
Mentre mi dirigevo in motorino a casa sua per andare a vedere le foto della mostra che stiamo presentando, mi sono venute in mente le parole di un loro pezzo di oltre dieci anni fa, che recitava: “ai colori pastello, ho sempre preferito il nero”.
Ho trovato la coincidenza quanto meno pittoresca, perché il buio delle foto che presentiamo non ha niente a che vedere con la fine, con la conclusione, è più un misterioso richiamo d’amore.
Cerco di spiegarmi meglio.
Le foto che Francesco Allegretti ha scattato in Nuova Zelanda sono tutte nere. Sono scure, profonde, complete. Non sembra nemmeno il Pianeta Terra, potrebbe essere un qualsiasi altro del sistema solare. Sono il buio pesto, eppure no. Sono state scattate nell’inverno 2023 (lì era estate) nella zona compresa tra le città di Hamilton e Wellington, in prossimità del vulcano Tongariro, un monte di quasi duemila metri che ad oggi rappresenta, con il suo parco nazionale, una delle pochissime zone ancora parzialmente decontaminate dalla presenza umana.
Chiacchierandone abbiamo condiviso le stesse paure che noi occidentali borghesi possiamo permetterci. Il cambiamento climatico sta stravolgendo a una velocità impressionante i connotati della natura per come la conosciamo, e il nostro pensiero va immediatamente alle dinamiche di adattamento e mitigazione del fenomeno che possiamo provare a mettere in atto, che dobbiamo, mettere in moto. Eppure sappiamo bene che proprio questi sono i discorsi che fanno i conti senza l’oste, con una popolazione mondiale in crescita, diseguaglianze sempre più profonde, e soprattutto una certa scarsità di risorse, che non bastano mai per tutti quanti, e se anche bastassero, non saremmo mai capaci di condividere.
Quello che può fare uno come lui, uno che fa il suo mestiere, è documentare. Lasciare delle testimonianze di com’era il mondo prima. Proprio come accade quando guardiamo gli scatti di un ghiacciaio fatte cento anni fa, oggi scomparso.
Eppure, andando più a fondo, mi sono subito reso conto che questa riflessione non sarebbe stata sufficiente per questo lavoro. Non sono fotografie buone per una mostra di reportage naturalistico. Non soltanto. Sono più vere e proprie rivelazioni. E già. Perché dal quel buio, Francesco estrae luce. Si direbbe “to grab” in inglese, un termine molto più adatto. Le impostazioni della sua Fuji sono a diaframma chiuso, gli consentono in post produzione di esaltare gli eventuali colori. Di esploderli, di valorizzarli. Di fare quello che riesce a fare un occhio umano sensibile quando si trova davanti ad uno spettacolo del genere, dal vivo. Ecco allora apparire laghi cristallini di luce turchese accecante, o distese di minerale ferroso che cangiano dall’arancio alla terra di Siena, fino rosso pompeiano.
Non sono fotografie che testimoniano un posto. Sono l’anima di quel posto. È come se il vulcano si raccontasse a chi lo viene a visitare. Questo sanno fare in pochi, questo sa fare chi è fotografo.
Abbiamo voluto esporle con un format di retroilluminazione innovativo che potesse esaltarne le peculiarità. Si tratta di strutture retroilluminato chiamate QuadrusLight, un’azienda tutta italiana fondata dall’amico comune Francesco De Bellis. La superficie in DIBOND che vive dietro le stampe è composta da strip led a 12 W / 6000 K che genera una texture calcolata di punti luce (fino a 900 led al MQ).
E poi c’è un’altra storia. Francesco Allegretti non è soltanto un fotografo naturalistico, o forse lo è anche, da qualche tempo. Lui arriva dalla moda e dall’editoria, ha ritratto importanti icone della musica e della cultura contemporanea negli anni. Ha iniziato a scattare quando tutto si faceva con il banco ottico e quando l’esposimetro non era un accessorio trascurabile.
Eccolo dunque, il suo occhio, che esplode in altri lavori scattati sempre in Nuova Zelanda che paiono una fusione perfetta delle atmosfere ineccepibili di Edward Hopper e l’inquietudine assordante di Gregory Crewdson, nell’accezione più poetica possibile. Sembra di sentire in sottofondo un pezzo dei Mogwai. Quei luoghi, attraverso le fotografie, diventano universali, iconici. Il suo sguardo racconta gente che vive in un altro emisfero con una delicatezza e una precisione che potrebbe essere facilmente fraintesa, potremmo essere in America, o in qualunque altro Paese.
Credo che la grande qualità, la più importante, a cui un fotografo deve tendere, è proprio quella di cogliere l’universale nel particolare. Come fa una bella canzone, che con semplicità racconta tutti quanti, e tutti quanti ci si possono sentire dentro.
Abbiamo un Pianeta solo. I problemi sono condivisi. Il cambiamento climatico se ne frega dei confini disegnati sulle mappe. E se in Sicilia oggi piantiamo gli avocado mentre in Lombardia sostituiamo il riso con l’orzo, allo stesso modo anche in Nuova Zelanda le cose stanno cambiando. Non è vero che l’advocacy e la diffusione di queste tematiche sono solo retorica. La mia generazione ha imparato nel tempo a comportarsi un po’ meglio, quella dei figli di Francesco o del di mio ha già nel DNA comportamenti virtuosi. E questo succede solo se c’è educazione, informazione. Anche nell’arte, se consapevole e ben fatta.
Ci servono animi sensibili, come quello di Francesco Allegretti, che riescono a mostrare la bellezza dentro all’oscurità. Il futuro lo dobbiamo tutelare tutti, insieme. Come nell’Haka dei Maori.
Giacomo Nicolella Maschietti
Per gli amanti del digitale verrà pubblicato un NFT ad hoc per la mostra, disponibile su Opensea sulla pagina della galleria (opensea.io/keygallerymilano).
Orari Key Gallery:
Tutti i giorni dalle ore 10.30 alle ore 19.30.
Per visite private ed altri orari è possibile prenotare la propria visita gratuitamente sul sito www.keygallery.eu
Per info&sale:
info@keygallery.eu | +39 3669887375
dal 27 aprile 2023
@Key Gallery
via Borsieri 12 – Milano (Isola)